Cinquanta Sfumature di Grigio. Il film. Tutti lo criticano? #iono

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© Universal Pictures

Premesso che io non leggo mai nessuna recensione o divina espressione di alcun critico che mi instilli anche il minimo dubbio su una pellicola (Mereghetti – Paolo – è oltre. Ovviamente), mi domando cosa ci facciate voi qui a leggere…

Detto questo, ieri anteprima per noi della stampa dell’attesissimo film che dalle pagine della E.L. James ci ha catapultati sul grande schermo.

E quindi?

Eh, quindi tutto bene.

Ovviamente sarà un successo, troppa curiosità che gli gira attorno, tanti rumors sul prima, sul durante e sul dopo.

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© Universal Pictures

Proiezione in lingua originale (con sottotitoli) che ho amato alla follia. Prima sorpresa. E che mi fa anche giurare che mai lo rivedrò in italiano: vuoi mettere quei loro sospiri e sussulti, quelle frasi interrotte e quel

“Ana…”

“Christian…”, con la porta dell’ascensore che si chiude? (lo so benissimo che i nostri doppiatori bla bla bla, ma l’originale, ho imparato da poco, è un’altra storia).

Seconda sorpresa. Christian Gray è un figo. Vero, per giunta. Che io mica me l’aspettavo, sia chiaro. Vedevo i vari trailer in circolazione e quella faccina da bamboccione non mi convinceva tanto. Anzi, per nulla.

Poi uno si ricrede nella vita. Perché se lo ritrova lì, a torso nudo, un po’ obnubilata dalle bollicine dell’accoglienza al cinema, stanca dalla lunga giornata di corse su corse e insomma, si abbandona e sogna. Di posare le mani su quel carapace. Ops, tartaruga (che tanto poi lui si scosta perché non tollera il contatto fisico questa è un’altra storia).

Terza sorpresa. Che gioia, che batticuore vedere dall’alto la mia adorata Seattle (Stato di Washington) e l’incastonatapersempreinme Portland (Oregon). Fotografia bellissima, la pioggia sulla “piovosa Seattle” (che ormai più di una volta ho avito modo di confutare) al momento giusto, e la highway che congiunge Portland a Seattle.

Quarta sorpresa. Della musica si è già letto tutto quello che si poteva. A proposito, ora la metto come sottofondo cercandola su Spotify.

© Universal Pictures
© Universal Pictures

Cose da dimenticare.

La camicetta con cui Anastasia si presenta per l’intervista a Christian (poi migliora, non molto, ma ci prova).

I capelli di Anastasia quando non sono raccolti disordinatamente (potere dell’acconciatura).

Christian che dopo essere tornato dal suo jogging mattutino si siede a preparare il piatto per la colazione di Ana, glielo porge, e tentenna prima di andare a farsi quella benedetta doccia che gli dovrà togliere la puzza di sudore (perché non può non sudare).

E poi, dulcis in fundo, quell’abominio di frase con cui Christian spiega (o dovrebbe spiegare ad Ana) che tipo di persona è:

“Ho cinquanta sfumature di perversione dentro di me”.

Christian, ti prego, tutto, ma non questa frase. Fai di me quello che vuoi: legami, flagellami e bendami, ma stai zitto santissimo iddio, non dire quella minchiata di frase che sembra buttata lì solo per dare un senso al titolo. Non ti si può ascoltare.

Poi vogliamo parlare di quel vedo-non vedo? Diamine, le tette (ine) di Ana sono riprese da tutte le angolazioni possibili e immaginabili, quelle mutandine che si sfilano lasciano immaginare il contenuto lì sotto e vabbè. Ma lui mai nulla: le chiappe sode lasciano alla nostra immaginazione la parte anteriore. Perché, dico io, perché no?

Dimenticherei volentieri anche l’insopportabile odore di “vecchio” (inteso come logorato, sporco, usato) del fantomatico giornalista che sedeva affianco a me. meglio, ad una poltrona di distanza. E che mi ha fatto realizzare prima e dopo la proiezione che il giornalista tipo della sezione cinema rappresenta un cliché: più è trasandato e occhialuto e spennato in testa, meglio rende la sua figura di intellettualoide all’interno della chicchessia redazione. La versione femminile invece in genere ha una ricrescita del capello improponibile. Entrambe le figure si assomigliano per delle montature di occhiali molto spesse (il Mereghetti, Signor Paolo, si dissocia dalla presente descrizione. Ovviamente). Pochi giovani si salvano, in generale sono caratterizzati dall’indossare giacche di velluto, meglio se con toppe sui gomiti. La giovane femmina ha il capello un po’ sfibrato nascosto, per quanto possibile, da un berretto di lana. Poche le sciantose. Molti i brusii in sala per questa o quella scena.

© Universal Pictures
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Io sono uscita contenta. Posso solo aggiungere che poco prima della fine, qualche scena nella sala dei giochi è stata inutile, ha un po’ rovinato la storia. Perché comunque a me la storia piace. Non me ne frega nulla che lui sia giovane, figo e inarrivabile, con un parco macchine che nemmeno Schumacher si sogna, che lei sia vergine e sin dalla prima volta diventa la cosiddetta “imparata”. Lei si fa semplicemente trasportare dalle emozioni che lui le suscita. E basta. Minchiate quelle che si sono sempre dette sul “eh, lei passa da vergine ad espertona”. Dove sta scritto che il trasporto non conta?

E poi, altra considerazione che ha sempre e solo portato ad un sacco di confusione nella mente delle “genti”: perché la sottomessa, la schiava, la “submissive” è una figura negativa, povera sfigata? Ieri pensavo: che gran culo questa Anastasia che fa la sua sottomessa, che gran culo perché non deve leccargli i piedi o annusargli le ascelle, ma deve essere il suo giocattolo, a disposizione del suo piacere, lui il Dominatore che trae piacere dal vederla legata poi bendata o flagellata (mi limito alle cose piacevoli, sia chiaro), mentre lei, impotente, gode di queste sue attenzioni e ne trae, secondo me, gran parte del godimento.

Ah, che poi lui non faccia l’amore, ma “scopi. Forte e duro”, beh, questa è un’altra storia.

Però, lo devo ammettere, pare doveroso uscirsene con un: “Tutto qui?”.

Ovviamente attendo le Cinquanta Sfumature di Nero. E quelle di Rosso per finire.

© Universal Pictures
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Caro Babbo Natale… (2009)

Caro Babbo Natale,

visto che sono una bambina moooolto vivace e un pò birichina,

ti chiedo questi doni:

  1. Lala dei teletubbies (anche se la mia mamma dice che ormai sono grande, io la voglio! (mamma: “Ma tesorino bello mio, è Babbo Natale che decide cosa portare…e mi sa che Lala gli elfi non la sanno proprio costruire, o forse si rifiutano!). DEPENNATA!!! (vedere la motivazione in Un tranquillo weekend di…)
  2. Alexa e Liana che cantano (mamma: “Certo che dopo aver scoperto che su e-bay queste due barbie in versione ariana costano il doppio della versione afro-americana – per usare un termine politically correct – sarebbe da rifiutarsi davvero di comprarle…queste due sceme… E poi sai che palle sentire ogni secondo la loro canzone?“)
  3. un gioco con le calamite (mamma: “La gita alla Triennale per la mostra  Vietato NON Toccare almeno a qualcosa è servita…”)
  4. puzzle delle principesse (mamma: “E sia, altre sceme che entrano in casa, ma almeno il puzzle ha il suo perchè!“)
  5. ciondolo “insieme a Parigi” e carillon di Anastasia (mamma: “Qui davvero gli elfi non ce la possono fare, il ciondolo non esiste, ma sul carillon ci possiamo lavorare…che fissa assurda questa: si appiccica ad ogni vetrina in cui ne vede uno…“)
  6. bambola di Anastasia (mamma: “Che ovviamente NON deve esistere sulla faccia di tutta la terra!“)
  7. orologio rosa o viola, perchè devo imparare a leggere le ore (mamma: “Se imparassi anche come ti chiami e dove abiti non sarebbe male…“)
  8. gonna o vestitino tipo Minnie (mamma: “Le fiabe Disney creano dei piccoli mostri, con grandi desideri…“)
  9. cellulare rosa o viola, finto, ma non troppo (mamma: “Così la smetterà di usare i nostri per organizzare le sue uscite con Agostino…“)
  10. libri, canzoncine e cartoni auf Deutsch… (mamma: “Che le danze abbiano inizio!“)

Caro Babbo Natale,

confido nella tua infinita bontà (per me) e comprensione (per la mamma).